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26/01/2018 - EVASIONE, NON SEMPRE OBBLIGATORIA LA COOPERAZIONE FRA PAESI

La cooperazione fra le autorità fiscali di Paesi diversi, nel caso in cui si verifichi una situazione di evasione fiscale da parte di un’impresa che agisce in diversi Stati, rappresenta uno strumento che permette una maggiore efficacia nelle indagini, ma che non può essere un limite alle stesse. Questo in sostanza quanto emerge da una vicenda che vede coinvolta una società esterovestita che ha in Italia il centro della sua alta amministrazione ma che risulta residente in un Paese estero. Per condannare l’amministratore della società in questione, infatti, è più che sufficiente il lavoro svolto dalla Guardia di Finanza, dal quale emerge per l’appunto l’irregolarità contestata. È la Sentenza n. 2407, datata 22 gennaio 2018, emessa dalla Corte di Cassazione ad affermare ciò, mediante la decisione di respingere il ricorso avanzato dall’imprenditore contro l'ordinanza con la quale veniva disposto il sequestro dei suoi beni in relazione all'omessa dichiarazione Iva della sua azienda. Inutili i cinque motivi presentati dalla difesa dell'impresa con residenza in Germania ma la cui gestione si svolgeva di fatto in Italia. La circostanza che le autorità straniere non fossero state neppure interpellate dalla Guardia di finanza circa la posizione fiscale dell'azienda è per gli Ermellini del tutto irrilevante. Per quel che concerne l’argomento Iva, dal complesso della disciplina dettata dal dpr 633/72, e, in particolare, dalla disposizione contenuta nell'art. 17 si ricava che, quando ricorrono il requisito oggettivo dell'esercizio abituale di un'attività commerciale e quello territoriale della stabilità in Italia di una organizzazione del soggetto non residente, gli obblighi e i diritti relativi alle operazioni effettuate da o nei confronti della stabile organizzazione non possono essere adempiuti, nei modi ordinari, dal soggetto non residente, direttamente o tramite un suo rappresentante.