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06/11/2017 - UE, SI STRINGE IL CERCHIO ATTORNO AI PAESI CONSIDERATI “PARADISI FISCALI”

Da sempre, nell’immaginario collettivo, esistono alcuni posti che vengono ricollegati a luoghi in cui è possibile evitare la morsa del Fisco, anche se spesse volte tale idea sconfina nella leggenda o quantomeno esaspera alcune caratteristiche reali. Nella realtà però si parla con cognizione di causa di paradisi fiscali, ossia di Paesi il cui regime fiscale non è perfettamente allineato a quello dei Paesi da cui provengono capitali consistenti che, mediante tale trasferimento, riescono a sopravvivere agli obblighi previsti nel Paese di origine. Se quindi i risparmiatori, che in molti casi sono imprenditori e affaristi facoltosi, guardano con malcelata simpatia a tali possibilità, i Paesi da cui i capitali provengono stringono sempre più il cerchio attorno a questi Paesi fiscalmente più permissivi. Negli ultimi tempi sono cresciute le iniziative anche a livello europeo, oltre che all’interno di ogni singolo Stato, per ridurre il più possibile il verificarsi di questi fenomeni, tanto che l’Unione Europea sta continuando a lavorare per realizzare una lista definitiva di paradisi fiscali: e tra i Paesi a rischio in questo senso troviamo anche nomi di grido, come ad esempio gli Stati Uniti e la Svizzera. Proprio i nostri vicini elvetici, secondo quanto emerso da recenti colloqui fra addetti ai lavori, si stanno adoperando per non essere considerati parte di questa lista stabilita dalla UE. La Commissione Europea pare dunque aver salvato dalla lista Usa, Svizzera, Norvegia e Canada, tra le nazioni a cui era stata fatta recapitare una lettera lo scorso 17 gennaio, proprio in merito alla non collaborazione in ambito fiscale. All'Ecofin del 5 dicembre saranno resi noti i nomi dei dieci paesi che faranno parte della prima black list unica Ue. Fra questi, la parte del leone la faranno 8 paesi che hanno deciso di non rispondere alla lettera che l'Unione Europea aveva mandato a gennaio sulla rispondenza dei regimi fiscali interni con le regole di trasparenza. Degli 84 rimasti (erano 92 i paesi che hanno ricevuto le lettere) 53 non erano fiscalmente in linea con uno o due criteri di selezione usati dalla Commissione Ue (i tre criteri usati riguardavano la trasparenza, lo scambio di informazioni con paesi terzi e se la giurisdizione in questione poteva essere considerata un porto sicuro dall'esterno, dal punto di vista fiscale). Questi hanno infatti ricevuto una seconda lettera dove veniva spiegato nel dettaglio cosa avrebbero dovuto fare per allineare il proprio sistema fiscale agli standard europei. Sono seguiti colloqui tra la Commissione e i rappresentanti dei vari stati per determinarne l'eventuale esclusione. I prossimi mesi saranno dunque decisivi in tal senso, e indicheranno in maniera più chiara all’Unione Europea quali Paesi decideranno di collaborare in maniera più concreta a livello fiscale.