27/10/2025 - REVOCA DEL LICENZIAMENTO, ECCO LA TEMPISTICA PER I DATORI DI LAVORO
Con l'ordinanza n. 16.639 datata 14 giugno 2024, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha ricordato un principio di rilievo per i rapporti di lavoro subordinato, ovvero la revoca del licenziamento è da considerarsi tempestiva se inviata entro 15 giorni dalla comunicazione dell’impugnazione, a prescindere dal momento in cui il lavoratore ne riceve effettiva conoscenza. La decisione, che si basa sull'art. 18, comma 10, della Legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori), come modificato dalla Legge n. 92/2012 poi recepita dal dlgs 147 2025, , si inserisce nel solco della giurisprudenza più recente, la quale attribuisce alla revoca natura di diritto potestativo del datore di lavoro, esercitabile unilateralmente entro il termine di legge. Il caso in questione affrontato dalla Suprema Corte offre l'occasione per rendere chiaro l'ambito di applicazione del principio della “scissione degli effetti” degli atti recettizi, ma anche i limiti temporali entro i quali il datore può rimediare a un licenziamento senza incorrere in sanzioni. La Corte di Cassazione, confermando le pronunce di merito, ha dichiarato infondato il ricorso della lavoratrice, chiarendo che la revoca del licenziamento prevista dall’art. 18, comma 10, dello Statuto dei lavoratori, introdotta dalla Legge n. 92/2012 e ripresa dall’art. 4 del D.Lgs. n. 23/2015, è efficace se effettuata non oltre 15 giorni dalla comunicazione dell’impugnazione, anche se non ancora ricevuta dal dipendente. I giudici di legittimità hanno qualificato la revoca come atto unilaterale di autotutela del datore di lavoro, riconducibile alla categoria dei diritti potestativi, il cui esercizio determina immediatamente la modifica della sfera giuridica del destinatario. Consguenza inevitabile che, in assenza di una diversa previsione normativa, l’effetto della revoca si produce al momento dell’invio, e non alla ricezione. La Corte ha evidenziato che il testo della norma fa riferimento alla revoca effettuata entro il termine di quindici giorni, senza menzionare la comunicazione o la conoscenza da parte del lavoratore. Il legislatore, dunque, ha inteso legare la validità dell’atto al suo compimento, non alla sua percezione. Ancora, i principi di buona fede e correttezza non possono ampliare i limiti legali o introdurre nuovi oneri a carico delle parti in mancanza di un espresso fondamento normativo. Applicando tali principi al caso concreto, la Cassazione ha ritenuto tempestiva la revoca effettuata con telegramma inviato il 28 febbraio 2018, poiché entro i 15 giorni dall’impugnazione del 13 febbraio, pur se la ricezione era avvenuta il giorno successivo. Il ricorso è stato perciò rigettato, con condanna della lavoratrice al pagamento delle spese di giudizio. La decisione della Cassazione n. 16.639/2024 consolida un orientamento favorevole ai datori di lavoro, secondo cui il termine di 15 giorni per revocare il licenziamento decorre dall’impugnazione e si considera rispettato con il mero invio dell’atto, purché avvenuto entro la scadenza. Riassumendo il datore di lavoro può revocare validamente il recesso anche se il lavoratore riceve la comunicazione successivamente, a condizione che la spedizione avvenga in tempo utile. Per i consulenti e i responsabili delle risorse umane, la pronuncia offre un chiarimento importante e chiaro riguardo le tempistica delle revoche, riducendo il rischio di contenziosi legati a ritardi nella consegna. Resta consigliabile documentare con precisione la data di invio e la modalità di trasmissione, così da poter dimostrare il rispetto dei termini legali in caso di contestazione.