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03/09/2025 - USO IMPROPRIO DEI PERMESSI LEGGE 104

Con l’ordinanza n. 2157 / 2025, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, rende saldo un orientamento già espresso in precedenti pronunce. I giudici hanno ribadito che l’utilizzo dei permessi di cui all’art. 33 della legge 104/1992 per attività diverse dall'assistenza integra un comportamento abusivo, che fa venir meno il nesso causale tra l’assenza dal lavoro e la finalità protettiva del beneficio. La vicenda nasce dal comportamento di un lavoratore che, beneficiando dei permessi retribuiti previsti dall'art. 33 della legge n. 104 del 1992, aveva utilizzato le giornate di assenza non per assistere il familiare disabile, ma per dedicarsi ad attività personali e ricreative. In particolare, come accertato dai giudici di merito, il dipendente sfruttava in maniera sistematica tali permessi per praticare attività sportiva, sottraendosi così agli obblighi di assistenza cui il beneficio normativo è strettamente collegato. Il datore di lavoro, insospettito dalla delle numerose assenze e dalla loro coincidenza con impegni non riconducibili all'assistenza familiare, incaricava un’agenzia investigativa di svolgere verifiche discrete. Gli accertamenti confermavano così che l'uso dei permessi era distorto rispetto alle finalità previste dalla legge. Sulla base di tali elementi, l’azienda procedeva con il licenziamento per giusta causa. La decisione veniva impugnata dal lavoratore, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Brescia (sentenza datata 31 gennaio 2023) confermavano la legittimità del recesso. La Suprema Corte ha confermato le sentenze di merito affermando come, in questi casi, la condotta non si traduce solo in un inadempimento contrattuale, ma assume rilievo anche sotto il profilo disciplinare, essendo idonea a compromettere irrimediabilmente il vincolo di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore. Motivo per cui la Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa. La Corte ha inoltre confermato la possibilità per il datore di ricorrere ad agenzie investigative, considerandole uno strumento lecito per l’accertamento di condotte fraudolente o persino penalmente rilevanti. La decisione della Suprema Corte assume particolare rilievo pratico. Per iniziare, ricorda ai lavoratori che i permessi retribuiti concessi per l’assistenza a familiari con handicap grave costituiscono un diritto fondamentale, ma al tempo stesso vincolato alla finalità solidaristica per cui il legislatore li ha previsti. Utilizzarli per fini estranei espone al rischio concreto di licenziamento senza indennità né preavviso. Per concludere, la sentenza fornisce ai datori di lavoro un importante chiarimento, cioè, quando vi siano indizi seri di abuso, è legittimo avvalersi di professionisti esterni per verificare il corretto utilizzo dei permessi. Certo è che le indagini devono svolgersi nel rispetto della dignità e riservatezza del dipendente, senza sconfinare in controlli generalizzati o sproporzionati.