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14/10/2024 - ACCORDI PER DIMINUIRE LA RETRIBUZIONE, SOLO IN SEDE PROTETTA

La Corte di Cassazione, tramite l'Ordinanza n. 26320/2024, ha confermato che per il principio di irriducibilità della retribuzione, è necessario però un accordo in sede protetta per modificare in peggio la retribuzione di un dipendente. Nel caso sotto esame, un ex dirigente di una società si era dimesso per giusta causa, mettendo in discussione una serie di azioni intraprese dall’azienda nei suoi confronti. Nel dettaglio, il dirigente aveva denunciato la nullità di un accordo del 2016 che prevedeva una riduzione della retribuzione del 10%  concordato in un momento di difficolta economica dell'azienda. Solo dopo la società aveva operato una revisione unilaterale del trattamento economico relativo all’uso della vettura aziendale.  Dopo una diffida dunque il dirigente si era dimesso e aveva chiesto  il pagamento delle differenze retributive. La Corte d'Appello di Milano, in riforma di una precedente sentenza del Tribunale di Lecco, aveva accolto le richieste del dirigente, condannando la società al pagamento di somme per differenze retributive, indennità sostitutiva del preavviso e TFR. In merito, la Corte d'Appello aveva stabilito che: l'accordo di riduzione della retribuzione era nullo, in quanto non conforme alle norme dell’art. 2103 del Codice Civile, che prevede che riduzioni della retribuzione possano essere concordate solo in sede protetta, a garanzia del lavoratore; l’azienda aveva illegittimamente modificato il trattamento economico dell’autovettura aziendale, addebitando al dipendente una cifra maggiore di quella pattuita inizialmente. Questo, secondo la Corte, costituiva una violazione del contratto e delle norme imperative (stabilite dall'art. 2103 c.c.) che regolano la retribuzione del dipendente. Risulta giustificata la decisione del dirigente di dimettersi per giusta causa, in quanto la società non aveva adempiuto ai propri obblighi retributivi, nonostante una diffida formale inviata dal dipendente. La società ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione della Corte d'Appello su diversi punti, tra cui la nullità dell’accordo di riduzione della retribuzione e la valutazione della giusta causa di dimissioni. Ciò nonostante, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la validità delle decisioni della Corte d'Appello. La Cassazione ha ribadito che la riduzione della retribuzione non può avvenire al di fuori di una sede protetta e che la modifica del trattamento della vettura aziendale costituiva una modifica peggiorativa della retribuzione del lavoratore. La società è stata quindi condannata al pagamento delle spese processuali.