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11/04/2023 - DIMISSIONI IN PERIODO DI MATERNITA'

Le dimissioni di una lavoratrice restano sospese fino al momento della convalida che sarà eseguita dall'ispettorato, anche oltre il periodo protetto. La Corte di Cassazione nell'Ordinanza 5598 del 23 febbraio 2023 ha affermato che le dimissioni di una lavoratrice nel periodo di maternità restano sempre sospese, anche dopo la scadenza del periodo protetto, fino al momento della convalida dell'ispettorato del lavoro. La tempistica della necessità di una convalida è un aspetto chiave, che non era stato evidenziato e preso in considerazione mai prima in modo così esplicito. Il caso riguardava una lavoratrice che aveva un contratto di lavoro dipendente, nel settore terziario che aveva dato le dimissioni durante il periodo protetto. La corte di appello di Roma , in parziale modifica della sentenza di primo grado, ha dichiarato l'inefficacia  delle dimissioni poichè, prima di allora non erano mai state convalidate  dai  servizi ispettivi del Ministero del lavoro e ha quindi  condannato i datori di lavoro al pagamento degli importi  delle retribuzioni  dal giorno delle dimissioni  fino alla data di deposito del ricorso di primo grado. Il primo giudice aveva invece ritenuto dovute le retribuzioni solo fino alla cessazione del periodo protetto di astensione per maternità fruito dalla interessata. Durante il ricorso in cassazione della società si affermava che l'inefficacia delle dimissioni non convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, sarebbe limitata al solo periodo definito "protetto", in modo tale che una volta trascorso detto periodo le stesse sarebbero produttive della estinzione del rapporto di lavoro, ma la Cassazione conferma che tale lettura: in primo luogo" non è sorretta dal dato testuale in quanto l’art. 55 d. Igs. citato  utilizza una formula ampia, di carattere generale, dalla quale non è in alcun modo dato inferire che la necessità della convalida sia destinata a venire meno una volta trascorso il periodo oggetto di particolare protezione"; In secondo luogo sottolinea che  "occorre considerare la specifica ratio che sorregge la disposizione che è quella di salvaguardare la genuinità e la spontaneità della volontà dismissiva espressa dalla lavoratrice o dal lavoratore in un periodo particolarmente delicato, corrispondente alla gravidanza ed al primo anno di vita del bambino, contro eventuali abusi datoriali volti a viziare o condizionare in vario modo la formazione della volontà." Riassumendo, il legislatore ha inteso evitare che l'estinzione del rapporto di lavoro fosse solo formalmete riconducibile all'iniziativa della lavoratrice presumendo che le dimissioni potessero essere indotte dal datore di lavoro che approfitti di una peculiare situazione psicologica della dipendente. Per questa ragione il legislatore affida  ai servizi ispettivi ministeriali la verifica della effettività della volontà di risolvere il rapporto condizionando alla convalida l’efficacia del negozio di recesso. Le conclusioni della Cassazione sono particolarmente rilevanti perché comportano  in pratica che  la lavoratrice dimissionaria nel periodo di maternità, ha diritto alla percezione delle retribuzioni (detratti gli eventuali importi già percepiti)  fino al momento della convalida ministeriale.