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05/10/2022 - CONGEDO MATERNITA', CAMBIAMENTO SU CHI DA' OK ALLA FLESSIBILITA'

"Documentazione medica necessaria per fruire della flessibilità del congedo di maternità e per astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto. Indicazioni operative": questo l'oggetto della recente circolare a firma INPS, la n. 106 del 29 settembre 2022, relativa proprio all'istituto del congedo di maternità e, in particolare, alla possibilità di usufruire della flessibilità su tale argomento. Ricordiamo innanzitutto che ogni lavoratrice ha diritto a 5 mesi di astensione dal posto di lavoro, senza perdere la retribuzione ma beneficiando di un'indennità pari all'80% della stessa: sulla scorta delle regole stabilite dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e in linea con quanto previsto dagli articoli 16 e seguenti del Testo Unico sulla maternità e sulla paternità, il periodo di congedo comprende gli ultimi due mesi dalla data presunta del parto e i primi tre successivi a tale evento. La regola generale può però essere rivista, nel senso che il periodo in cui beneficiare del congedo di maternità può subire una variazione: la lavoratrice, ad esempio, può chiedere di restare al lavoro fino a un mese prima della data presunta del parto e poi per i quattro mesi successivi alla nascita del figlio. A tal proposito è proprio il diritto alla flessibilità che consente alla lavoratrice di decidere di restare al lavoro alcuni giorni o anche tutto il periodo di congedo prima del parto, quindi i due mesi sopra citati, spostando il relativo periodo a dopo il parto. Affinché tale opzione sia praticabile, la futura madre deve dotarsi di certificazione medica, redatta durante il settimo mese di gravidanza da un medico del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato, con il quale si metta nero su bianco l'assenza di pregiudizi alla salute per la lavoratrice stessa e per il nascituro. La novità è che la certificazione necessaria perché si dia luogo alla flessibilità non dovrà più essere presentata all'INPS, ma al datore di lavoro: sarà dunque il datore medesimo a valutare se la richiedente può continuare a lavorare nel periodo altrimenti dedicato all'astensione, spostando quindi a dopo il parto il periodo di assenza dal lavoro di cui non ha usufruito.